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martedì 24 settembre 2019

Quando la Vuelle batté la Fortitudo Bologna e andò in finale di Coppa Italia

Quando la Vuelle batté la Fortitudo Bologna e andò in finale di Coppa Italia

di Luca Petinari

Stagione regolare 2003/2004, è un grande anno per la Victoria Libertas Pesaro targata Scavolini, guidata dalle gesta incredibili di Alphonso Ford. A metà campionato i biancorossi sigillarono il secondo posto in classifica, dietro la Montepaschi Siena che quell'anno poi diventò campione d'Italia per la prima volta. Per la Vuelle significò accesso alle Final Eight di Coppa Italia, che si tennero al PalaFiera di Forlì, da posizione privilegiata.

Ai quarti di finale, Ford, Djordjevic & Co. superarono la Lottomatica Roma senza troppe difficoltà (85-77). La vera sfida, quella che valse quanto una vittoria della coppa stessa, arrivò in semifinale contro la Fortitudo Bologna. Per contestualizzare meglio questa gara, senza scomodare più di tanto la rivalità storica tra Pesaro e Bologna, ricordiamo che allora il campionato italiano era tra i migliori (se non IL migliore) d'Europa per qualità del gioco e dei giocatori. In quella stagione, ben due squadre tricolori arrivarono alle Final Four di Eurolega: Siena e, appunto, la Fortitudo Bologna.

La F quell'anno vantava un roster incredibile: basti pensare che in panchina i due giovani erano Mancinelli (futuro capitano azzurro e bandiera della Fortitudo) e Belinelli (campione NBA). Ma i cavalli trainanti si chiamavano Basile, Smodis, Vujanic, Delfino, Pozzecco. Erano devastanti, con un sergente di ferro come Jasmin Repesa a guidare la flotta.

D'altro canto, anche la Scavolini poteva contare su un roster costruito sì per fare bene, ma che quell'anno giocò spesso per vincere: l'esperienza di una leggenda come Djordjevic, assieme alla classe infinita di Ford, ai muscoli di Milic ed Eley e alle soluzioni perimentali di Elliott furono gli ingredienti che fecero sbavare la grande tavola del banchetto del basket pesarese. E quella Final Eight fu molto di più di una ciliegina sul dessert.


Scavolini-Fortitudo è una partita dove in palio non ci sono solo punti o accessi a turni successivi: c'è di mezzo la storia, la rivalità, l'orgoglio. Per questo quella semifinale del 27 febbraio 2004, in quel di Forlì, fu giocata in maniera quasi trascendentale. Il palazzetto era ovviamente gremito, complice la posizione del comune romagnolo che si trova a metà strada tra Pesaro e Bologna. Il tifo su accesissimo e spietato, con le muraglie di tifosi che sembravano quasi riversarsi sul campo, a dare ulteriore sostegno ai giocatori.

La partita è sempre equilibrata, con le due squadre che si rincorrono e si rimontano in successione fino alla fine, avanzando negli ultimi minuti lo spettro degli over time. La svolta arriva a 90 secondi dal termine, con l'uscita per cinque falli di Ford che conclude una partita non particolarmente brillante chiusa comunque con il 50% dal campo e 18 punti nel tabellino. Anche quando emetteva poca luce, era in grado di illuminare una città intera. A salire in cattedra è un sontuoso Djordjevic che mette in tavola tutta la sua esperienza. 

A mettere il primo tassello verso la vittoria è un time out di coach Melillo: con l'uscita di Ford e un'arma in meno in attacco, architetta una finta difesa a zona al rientro in campo che manda in tilt l'attacco fortitudino. Ed è qui che la leggenda serba inizia a mettersi in spalla l'attacco biancorosso. 93-92 Scavolini, 43 secondi al termine, Djordjevic subisce fallo, Bologna è in bonus e si va in lunetta: due su due. Dall'altro lato Basile cerca una conclusione veloce dentro l'area ma viene recuperata dalla difesa biancorossa, lancio per il 20 serbo che subisce fallo e va di nuovo in lunetta: due su due.

Ci riprova Bologna, ancora in penetrazione con Pozzecco, a cui scivola il pallone che arriva nelle mani di Frosini che apre veloce sempre per Djordjevic che, ancora una volta, d'esperienza, subisce il fallo e va in lunetta. Dopo una partita a tenere le redini della squadra, appena subito il fallo, si porta la palla sotto il braccio e si lascia andare agitando il dito al cielo: due su due, 98-92, 11 secondi al termine, l'impresa è quasi fatta. Due possessi separano Bologna dall'impattare il pareggio, ma ancora una volta Pozzecco sceglie la penetrazione. Il tiro è un lancio della disperazione che non prende nemmeno il ferro ma che finisce nelle mani di Elliott che consegna nelle mani di Scarone, che in meno di cinque secondi attraversa in palleggio tutto il campo inseguito da Van Den Spiegel: canestro e fallo, urlo liberatorio, tiro libero supplementare - a segno. Il popolo biancorosso esplode.

Per la Scavolini quella vittoria significò un ritorno al basket di vertice. Lo stava già dimostrando in campionato, ma raggiungere una finale di Coppa Italia era sinonimo che la direzione era quella giusta, in un'annata che si concluse alle porte della finale scudetto, ceduta ai futuri campioni d'Italia di Siena. In finale la Scavolini incontrò la Benetton Treviso di Ettore Messina, anche lui a guida di una corazzata. Djordjevic e compagni persero sotto i colpi della qualità dei giocatori trevigiani, in una partita con tanti meriti per i biancoverdi e pochi rimpianti biancorossi. D'altronde, Pesaro, la sua finale l'aveva già vinta.


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