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lunedì 27 gennaio 2020

Non ce ne sarà un altro come lui

Non ce ne sarà un altro come lui

di Luca Petinari

La notizia arriva ed è troppo assurda per essere vera. Ma lo è, tremendamente reale. Eppure, nemmeno una settimana fa ricorreva l'anniversario di quella storica impresa degli 81 punti segnati in una sola partita (seconda migliore prestazione di sempre). E appena qualche giorno fa era stato superato con incredibile riverenza e rispetto da LeBron James, oggi un laker, nella classifica dei più grandi marcatori della storia NBA. Ma la realtà è questa: Kobe Bryant non c'è più.

Poco tempo fa, assieme a un mio amico e a tempo perso, ci siamo dilettati nello scambio di messaggi Whatsapp sull'accostamento tra giocatori NBA e rapper basati sulle loro caratteristiche umane e di parallelo talento. Il match tra Kobe e Kanye West era perfetto: stesso periodo di inizio sui campi e sulle scene e stesso picco di carriera per entrambi, stessa dedizione al lavoro e alla causa, stesso modo arrogante di porsi quando ci si mette all'opera (forse più West in questo caso), ma soprattutto stesso impatto nel loro ambito. E non solo.

Perché la legacy di Kobe Bryant è qualcosa che va oltre il gioco, il campo, la palla spicchi. Ed è il motivo per cui in tanti, oggi, nella maniera più obliqua possibile, piangono la sua tragica scomparsa avvenuta, è bene e doloroso ricordarlo, assieme alla figlia Gianna - erede prediletta dallo stesso Kobe - e altre sette persone nello schianto dell'elicottero che li stava portando alla Mamba Academy, dove avrebbe dovuto tenere un allenamento.

Accantonando per un attimo la più cruda delle cronache, omaggiamo la figura di uno dei simboli dello sport mondiale con alcune delle sue impronte più significative lasciate su questa Terra e che lo hanno reso, in passato e per sempre, uno dei più grandi di sempre:

IL PRIMO RECORD INFRANTO

Dopo un'infanzia trascorsa in Italia (il padre Joe ha infilzato diverse retine qui in giro), Kobe Bryant torna nella sua natale Philadelphia dove si iscrive all'high school e inizia a farsi notare a suon di canestri e record. Nel 1996 si dichiara eleggibile al draft, saltando così di fatto l'università, e viene scelto alla tredicesima chiamata dai Charlotte Hornets. Una chiamata di prassi, poiché immediatamente Kobe passa ai Lakers in cambio di Vlade Divac. Esordisce così in NBA all'età di 18 anni e 72 giorni, divenendo l'allora più giovane debuttate della storia. Il primo passo verso la leggenda.

KOBE & SHAQ

Kobe arriva in gialloviola in un'operazione voluta fortemente da Jerry West. La scelta di Divac, allora pivot titolare dei Lakers, come pedina di scambio con gli Hornets deriva dal fatto che a Los Angeles era approdato uno dei giocatori più dominanti dell'NBA: Shaquille O'Neal. La coppia che venne a formarsi tra Kobe e Shaq è una delle più iconiche del basket. La loro intesa in campo, la loro amicizia fuori, ma anche la forte rivalità dovuta a un eccesso di competitività interna, una gara di gerarchie che trovò soluzione con la cessione di Shaq agli Heat, lasciando a Kobe lo scettro di LA. Ma il legame tra i due, al di là della competizione, è rimasto inossidabile, anche per aver sigillato alcuni dei momenti più entusiasmanti dell'NBA, come il video qui sopra.

DALL'8 AL 24

Il 2007 è un anno di travaglio per i Lakers, che dopo la cessione di Shaq non riuscivano più a trovare la quadra del cerchio. Si arriva addirittura alla possibile cessione di Kobe, che alla fine decide di restare ma anche di voltare pagina. Questo si traduce in un cambio storico di maglia: dall'iconico 8 del three-peat, al numero 24. Due numeri che oggi sono leggenda nell'NBA, se non al pari del 23 e 45 di Michael Jordan. Nel giorno della sua scomparsa, diverse squadre hanno voluto ricordare Kobe Bryant proprio omaggiando questi due numeri: infatti agli inizi di alcune partite di ieri, i giocatori hanno commesso le infrazioni di 24 secondi e di 8 secondi.

MAMBA MENTALITY

Il cambio del numero di maglia per Bryant significa qualcosa di più di quella che, all'epoca, fu considerata un'operazione commerciale per vendere magliette. Il Kobe in versione 24 entra in una modalità diversa rispetto a come eravamo abituati a vederlo, per certi aspetti letale. Qui entra a tutti gli effetti in gioco la mentalità che già dal 2004 aveva settato nei suoi obiettivi, attribuendosi da solo un soprannome: Black Mamba. Questo nomignolo deriva dalla visione di Kill Bill 2 di Quentin Tarantino da parte di Kobe, che rimane affascinato dalla descrizione delle caratteristiche di questo serpente, paragonandole al suo modo di giocare. Tutto questo si traduce in una mentalità fredda e letale, decisiva quando è ora di chiudere la partita, devastante per qualsiasi avversario. La Mamba Mentality è nella sua faccia sempre seria e concentrata, è nell'incoraggiamento ai compagni, nel mordere il colletto della maglietta quasi a testimoniare la tenacia con il quale aggredisce le partite, è l'urlo dopo un canestro decisivo.

MISTER 81

Nella sua carriera Kobe Bryant è stato in grado di imprese sportive eccezionali. Ci sono i titoli vinti, i punti macinati, le belle azioni. Ma ci sono anche le prestazioni che ti legano per sempre alla leggenda. Tra il 2004 e il 2006 in terra gialloviola sono anni di assestamento e attesa prima del back to back di titoli nel 2009 e 2010. E' il 22 gennaio 2006 quando Kobe Bryant decide non solo di andare a vincere una partita contro i Raptors (i Lakers stavano perdendo di 18 al terzo quarto), ma di farlo scrivendo la storia e mettendo 81 punti a referto su 122 di squadra, con i canadesi che si sono fermati a 104. Si tratta della seconda prestazione migliore di sempre (il record rimane di Wilt Chamberlain con 100).

COME LUI NESSUNO MAI

Nel 2015 Kobe Bryant annuncia il suo ritiro e lo fa con una lettera intitolata Dear Basketball che riporta tutta le dedizione e la passione che ha messo in questo gioco. La lettera viene poi tradotta in un cortometraggio animato nel 2017, che viene candidato all'Oscar. Il Black Mamba nella sua carriere ha collezionato 5 titoli NBA, 2 volte il premio come MVP delle finali, 1 volta come MVP stagionale, 2 ori olimpici, 18 volte all star di cui 4 da MVP. E sì, un premio Oscar, nel 2018, con Dear Basketball. Non ce ne sarà un altro come lui capace di fare queste cose.

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