Politica
sabato 24 maggio 2025
Harvard sfida Trump e vince la prima battaglia: giudice blocca le restrizioni sugli studenti stranieri

Harvard 1, Trump 0. Si apre con un duro scontro legale il nuovo braccio di ferro tra la prestigiosa università e l’amministrazione Trump.
La giudice federale Allison Burroughs di Boston ha infatti bloccato temporaneamente il giro di vite voluto dalla Homeland Security contro gli studenti stranieri, accogliendo la richiesta di sospensiva presentata da Harvard.
La misura, annunciata solo ieri dal Dipartimento, prevedeva di fatto la revoca dell’autorizzazione a iscrivere studenti internazionali, colpendo una componente cruciale dell’ateneo: nel 2025 oltre un quarto degli iscritti proviene dall’estero.
Per Harvard, un attacco diretto alla sua identità e alla libertà accademica. “Ci attaccano perché ci rifiutiamo di rinunciare alla nostra indipendenza”, ha dichiarato il presidente Alan Garber.
In parallelo alla mozione d’urgenza, Harvard ha intentato causa contro l’amministrazione federale, invocando il Primo Emendamento e accusando l’azione del governo di essere una ritorsione politica incostituzionale.
Alla base dello scontro, le pressioni dell’esecutivo per ottenere dati disciplinari sugli studenti internazionali coinvolti nelle proteste degli ultimi cinque anni, inclusi audio e video: una condizione per mantenere l’accesso alle iscrizioni straniere.
Secondo il Harvard Crimson, il Dipartimento avrebbe dato 72 ore per consegnare tutta la documentazione, pena la sospensione del programma.
Un’operazione che rischiava di escludere studenti regolarmente ammessi - come la principessa Elisabeth del Belgio - e di minare la stabilità economica dell’ateneo, che riceve centinaia di milioni in rette annuali da chi, non potendo accedere a borse federali, paga interamente gli 83 mila dollari di iscrizione.
La Casa Bianca ha definito la causa di Harvard “priva di merito”, accusando l’ateneo di non fare abbastanza per fermare presunti comportamenti anti-americani, antisemiti e filo-terroristi.
Ma il fronte accademico si è subito compattato.
La presidente del MIT, Sally Kornbluth, ha parlato di “momento grave”, mentre dalla Cina è arrivata la dura critica della portavoce del ministero degli Esteri, Mao Ning: “Una politicizzazione dell’istruzione che danneggia l’immagine internazionale degli Stati Uniti”.
Trump, che già in aprile aveva minacciato la revoca dell’ammissione per gli studenti stranieri, ha ribadito la linea dura contro le università, da lui definite “covi di marxisti maniaci”.
Harvard è solo la prima di una serie di istituzioni nel mirino: dopo le proteste pro-Gaza della primavera, la Columbia University ha già subito la revoca di 400 milioni di dollari di fondi federali e potrebbe essere la prossima a subire pressioni.
L’accusa? Aver mostrato “deliberata indifferenza” verso le molestie subite dagli studenti ebrei.
La battaglia è appena cominciata.
Ma per ora, la Corte ha dato ragione a Harvard, segnando una prima, pesante sconfitta per l’amministrazione Trump sul terreno delicatissimo della libertà accademica e dei diritti degli studenti internazionali.