Politica

giovedì 21 luglio 2022

I ministri Brunetta e Gelmini lasciano Forza Italia, "non si può rimanere in un partito che non riconosciamo più"

I ministri Brunetta e Gelmini lasciano Forza Italia, "non si può rimanere in un partito che non riconosciamo più"

di Il Sole 24 Ore

La resa dei conti è iniziata. Lo strappo di Forza Italia dalla maggioranza pro-Draghi, con la scelta di boicottare la fiducia al governo, sta acuendo una divisione latente nell’ex partito di traino del centrodestra: da un lato il blocco «governista», rappresentato nell’esecutivo dai ministri Brunetta, Carfagna e Gelmini; dall’altro la fazione più vicina al blocco sovranista di Lega e Fratelli d’Italia, associato soprattutto alla senatrice Licia Ronzulli e agli attuali vertici forzisti.

Brunetta lascia Forza Italia

Il giorno dopo l’addio al partito della responsabile agli Affari regionali Maria Stella Gelmini, qualche minuto dopo la fiducia all’esecutivo Draghi votata dal Senato senza l’appoggio di Lega, Fi e M5s, è giunto lo strappo del ministro della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta. In una nota ha spiegato che «non votando la fiducia a Draghi, Forza Italia ha tradito la sua storia e i suoi valori. Non sono io che lascio - ha sottolineato Brunetta -, è Forza Italia che lascia se stessa». «Sono degli irresponsabili coloro che hanno scelto di anteporre l’interesse di parte all’interesse del Paese - ha poi aggiunto - , in un momento così grave. I vertici sempre più ristretti di Forza Italia si sono appiattiti sul peggior populismo sovranista, sacrificando un campione come Draghi, orgoglio italiano nel mondo, sull’altare del più miope opportunismo elettorale».

Brunetta “ha seguito le orme” della collega di governo Gelmini, furente a sua volta con un partito che ha «voltato le spalle agli italiani» e «alla sua storia».

di Corriere della Sera

L'addio a Forza Italia della ministra Gelmini

«Quello che è successo ieri è gravissimo. La crisi si era aperta a causa delle convulsioni del M5S: non era facile riuscire a prendersi la responsabilità di portare il Paese al voto in mezzo a una crisi senza precedenti, con l’inflazione ai massimi da quaranta anni, e una guerra. La FI che ho conosciuto in questi venticinque anni di militanza e di impegno politico, sarebbe stata dalla parte di Mario Draghi, che ha fatto un ottimo lavoro, è un convinto europeista, e che certo non è di sinistra».

«Vuole la verità? Lega e FI il governo lo hanno sempre sopportato e non supportato. E già dalla settimana scorsa la Lega ha cominciato a mettere paletti, fino ad arrivare a prefigurare la richiesta di sostituire un ministro come Lamorgese (che non è dei 5 Stelle!), senza che da FI si alzasse una sola voce critica. La gestione di ieri è stata la rappresentazione dell’appiattimento acritico sulla Lega ed è stato il colpo definitivo di una storia ultra ventennale di battaglie liberali, riformiste ed europeiste. Avranno anche il consenso dei tassisti probabilmente, ma non quello di chi crede nelle riforme, nell’UE, nel liberalismo e nella concorrenza. Non potevo restare un minuto in più in un partito che non riconosco».  

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