Politica
giovedì 30 settembre 2021
Giorgia Giacani risponde alla candidata sindaca di Fermignano Delfina Betonica

di Giorgia Giacani
Apprendo con amarezza del virgolettato della Candidata a Sindaca per la lista Fermignano Rinasce Delfina Betonica apparso sulle pagine de Il Corriere Adriatico di questa mattina.
Il sentimento non è dato solo e soltanto dalla becera diffamazione nei miei confronti - cito testualmente -“un assessorato fantasma impegnato a foraggiare gli eventi ideati dalla moglie del primo cittadino”.
Se questa è la politica che si vuole fare che facciano pure, della bestia salviniana conosciamo bene tutte e tutti il funzionamento, non presterò il fianco né tantomeno me la prendo, come dire so quello che ho fatto e dormo sonni tranquilli e sereni. Chi ha altre idee può andare nei luoghi preposti e chiedere di approfondire oppure, più semplice perché dà risposte immediate, chiedere conto, quando si sarebbe potuto in Consiglio Comunale, delle rendicontazioni di M’ama non M’ama che sono depositate.
Detto questo entro nel merito del mio dispiacere.
Mi rammarico che questa accusa mi venga rivolta senza che ci si assuma la responsabilità di dire il mio nome e cognome - che è noto a tutti. Sono la moglie di, non sono un soggetto degno nemmeno del nome e già questo basterebbe a giustificare il dispiacere. Ma c’è di più: nell’ atto di screditare me, il Sindaco e gli assessori che si sono avvicendati alla Cultura c’è un atto ancora più grave: screditare M’ama non M’ama e i valori che porta avanti dal 2016.
Mi occupo di questioni di genere dal 2014, per interesse personale e professionale, sono un’attivista e questo sicuramente ha influenzato i rapporti con Emanuele che l’hanno, volente o nolente, reso ancora più sensibile alle tematiche di pari opportunità, diritti delle donne e violenza di genere.
Ho un ruolo nella società fermignanese, il mio privato in qualche modo diventa pubblico e questo mi è sembrato importante spenderlo a favore della causa delle Donne, senza nessun tornaconto personale o economico.
Nel 2014 ho fondato un’ associazione con due colleghe che si occupa di promozione delle pari opportunità attraverso incontri e seminari formativi e presentazioni di libri di autrici che poi sono state anche candidate al premio Strega.
Nel 2016 proponiamo di lavorare in modo permanente a questo tema e ci uniamo con le altre associazioni per creare o organizzare un dibattito che abbia più respiro e coinvolga sempre più persone. Nasce M’ama non M’ama e nel 2018 per regolarizzare ed evitare inutili strumentalizzazione (che all’ alba del voto invece vengono fatte). Il bando lo presenta la mia associazione perché è quella che a livello statutario è più affine.
I contributi sono 2000€ e poi, dalla scorsa edizione 3000€, ma non perché ci sono state ingerenze, né mie, ne di nessun altro, ma perché ci si è resi conto del valore della Campagna di Sensibilizzazione. Poi il budget sale di qualcosa perché chiediamo altri sponsor regionali e nazionali (rendiconti pure questi). I contributi sono spesi per gli eventi, gli ospiti e la loro ospitalità e l’acquisto dei libri per la casetta rossa. Il lavoro di organizzazione da parte delle associazioni è pressoché gratuito.
Dico questo non perché mi serva giustificarmi, chi frequenta M’ama non M’ama sa cos’è. E per essere questa cosa significa che è nutrito da persone che credono profondamente nelle politiche di genere e di parità.
In questo periodo elettorale va di moda il pinkwashing, riempirsi la bocca di essere solidali con le donne e avere liste paritarie da un punto di vista di genere.
La differenza sostanziale sta tra chi si impegna 365 giorni all’anno per promuovere politiche a favore delle donne e dell’ inclusione e chi invece le usa come spot elettorale pensando che le donne sono quelle che ancora guardano alle quote rosa come formalismo e non come sostanzialità.