Cultura
lunedì 23 novembre 2020
La Pieve di S. Stefano di Gaifa e Torre Brombolona a Canavaccio candidate a "I Luoghi del Cuore FAI"

di Ufficio Stampa
La partecipazione ai Luoghi del cuore FAI non nasce per caso, ma è la conseguenza delle attività che continuano a svolgersi in questi luoghi ricchi di antiche memorie in grado di riannodare una identità collettiva che si rafforza ulteriormente.
Siamo un gruppo di persone che non ha mai abbandonato l’antica pieve di S. Stefano di Gaifa, dove regolarmente continua quella vita spirituale per la quale la chiesa è sorta e da cui ancora oggi prendono slancio le diverse iniziative di valorizzazione. E, inevitabilmente, con essa non poteva non costituire un imprescindibile binomio la torre Brombolona, autentico simbolo di Canavaccio, sotto la cui egida vive laboriosamente la popolazione più numerosa in questo territorio; entrambe testimoni di un passato identitario, ricco di memorie, ma anche al centro di progetti per il futuro.
È indubbio che aveva destato in noi interesse l’esperienza di Lamoli, che ha partecipato con successo all’iniziativa FAI, i cui intenti si sposano perfettamente con i nostri, ovvero segnalare “un luogo amato, vissuto, intravisto, sognato, con nostalgia ricordato”.
Consapevoli che il nostro è davvero un luogo da non dimenticare, si trattava di mettere a punto alcuni indispensabili strumenti richiesti dal FAI: dalla costituzione di un comitato spontaneo alla realizzazione di un sito internet, dalla redazione della scheda storica alla messa in opera e installazione di dotazioni e strumenti in loco. In questa prima fase del censimento, si sarebbe dovuto svolgere un programma di manifestazioni e visita ai posti, che la pandemia ha purtroppo impedito. Malgrado ciò, il nostro “borgo” è assai votato tanto da occupare, per ora il 52° posto tra migliaia di partecipanti.
Per la redazione della scheda, ci siamo rivolto ad Anna Fucili, storica dell’arte, che, insieme a Tiziano Mancini, ha pubblicato Chiese fuori le mura «ch’erbose hanno le soglie», edito dal Comune di Urbino nel 1997 e nel 2010, ed altri studi dedicati ed in procinto di completare. Una storia, quella della Pieve e della Brombolona, da ricomporre attraverso frammenti di scritti e documenti, in grado di ricostituire un’unità e dare luce a territori limitrofi alla rinascimentale Urbino, ma centrali con le loro storie e i loro monumenti.
È noto che la pieve di S. Stefano di Gaifa è attestata dal XIII secolo nelle Rationes Decimarum, i libri delle decime pagate alla Chiesa di Roma, ma che in origine il suo destino si lega al monastero benedettino di S. Michele Arcangelo, documentato fin dal X secolo, distrutto e ricostruito nel 1277 sull’altra riva del fiume Metauro, diventando abbazia dei monaci, poi Olivetani, di Pagino. L’iscrizione sul portale della pieve, sovrastante il bassorilievo con l’effigie del santo titolare della chiesa, Stefano I, papa e martire del III secolo, la dichiara matrice dei castelli di Primicilio e Gaifa. Chiesa matrice per assolvere ad una delle funzioni fondamentali della pieve, in quanto sede del fonte battesimale per tutte le chiese del suo territorio; a questo ruolo preminente di cura spirituale, si univa quello giurisdizionale per essere retta da un arciprete e percepire annualmente una certa quantità di grano e di lino, detta quartese, dalle parrocchie e cappelle dipendenti. Tra queste, per citarne alcune, S. Bartolomeo di Gaifa, S. Cristoforo dei Valli, S. Andrea in Primicilio, da cui provengono manufatti e interessanti dipinti che si conservano nella chiesa parrocchiale di S. Maria Assunta, costruita a Canavaccio negli anni Sessanta del Novecento, opere che contengono inediti segreti.
L’inesorabile trascorrere del tempo ha sottratto agli sguardi l’abbazia e i castelli, ma non la pieve di Gaifa, ricostruita nel Seicento e consacrata nel 1727, mentre la torre di Primicilio, la Brombolona, si staglia ancora sull’orizzonte delle colline urbinati che declinano dai monti della Cesana, offrendo la sua inconfondibile sagoma, pur deturpata, ma autentica icona di questo comprensorio, e che si confida di recuperare e valorizzare.
Perdura ancora l’enigma della quattrocentesca campana, la “Brombolona”, contesa tra i castelli di Primicilio e Gaifa, della quale è riportata in varie fonti l’arcana iscrizione, mentre è ignoto l’odierno destino: dove si trova? Una certezza è il suo nome, derivato dai grandi bromboli di ghiaccio che in essa si formavano durante i rigidi inverni dell’urbinate e che si estende anche alla torre che la ospitò fino alla sua sparizione.
Ed a proposito di nomi, di toponomastica non si può non accennare alla parola Gaifa, che accompagna l’abbazia, la pieve e il castello: deriva da Waifa, termine longobardo che significa “terreno che non appartiene ad alcuno”, a richiamare l’annosa guerra gotico-bizantina, che imperversa nel VI sec. anche in questi luoghi scoscesi e accidentati, scenario ideale per battaglie e contese.
Infine, un richiamo all’origine: i luoghi di culto cristiani sono sorti sovente sui precedenti pagani; nel nostro caso, nei terreni di Campo Donico, denominazione che potrebbe derivare da Campo Adonico se si considera la possibilità che qui vi fosse un tempio dedicato al dio Adone; certo è che all’ingresso della pieve si conservano ancora due capitelli adibiti ad acquasantiere e la base del fonte battesimale riferibili ai primi secoli d.C.
Per poter realizzare il sogno della fase successiva prevista dal censimento, si può ancora votare fino al 15 dicembre prossimo: https://www.fondoambiente.it/luoghi/pieve-di-s-stefano-di-gajfa-e-torre-brombolona-canavaccio?ldc