Cronaca
sabato 19 agosto 2023
Calcio in lutto, all'età di 86 anni è morto Carlo Mazzone

di Gazzetta
Il mondo del calcio è in lutto. E' morto Carlo Mazzone, tra gli allenatori più iconici del pallone italiano. Aveva 86 anni e se ne va portando con sé il record di panchine in Serie A: 792. Ci vorrebbero trecento pagine, e forse di più, per raccontare chi è stato. Ha vissuto mille esistenze, ha attraversato le esperienze schivando i pericoli e fiutando i tranelli, si è fatto condurre dall’unica stella polare che mai lo abbia tradito: la saggezza popolare. Già, perché per dire chi è stato Carletto Mazzone si deve partire dalle radici, dalla Roma del popolo, la sua Roma, in cui si mescolava un po’ di Alberto Sordi e un po’ di Carlo Verdone. Lui era così, quando allenava e quando stava in panchina. Ve la ricordate la famosa scena del 30 settembre 2001 (foto), quando corse sotto la curva dell’Atalanta dopo che il suo Brescia aveva segnato il gol del 3-3? Pareva di vedere un film. Solo che Mazzone non era un attore, ma recitava la parte di se stesso: così era stato, così era e così sarebbe rimasto. Verace, ecco l’aggettivo che forse più lo definisce. “Se famo tre a tre vengo sotto ‘a curva” gridò, dopo essere stato insultato per tutta la partita, mentre Roberto Baggio disegnava il gol del pareggio. E poi, rivolto all’arbitro Collina, nonostante fosse ancora travolto da un destino che non si aspettava, con lucidità e onestà, disse: “Buttame fori, me lo merito!”.
Quel ragazzino, che lui coccolava con gli occhi, era Francesco Totti. Per il talento ha sempre avuto particolare. Da allenatore della Fiorentina valorizzò quello di Giancarlo Antognoni, alla Roma scoprì quello di Totti, al Brescia fece crescere quello di Pirlo accanto a quello di Roberto Baggio, a Cagliari affinò quello di Enzo Francescoli. Ripeteva: “La tecnica è il pane dei ricchi, la tattica è il pane dei poveri”. E quando gli dicevano che lui era il Trapattoni dei poveri, visto che allenava spesso squadre di bassa classifica, rispondeva così: “No, è Trapattoni che è il Mazzone dei ricchi”.
Sor Carletto ha compiuto un autentico giro d’Italia delle panchine ma, a parte quella della Roma, mai gli è capitata quella di una grande squadra. Non perché non possedesse le qualità per guidare un gruppo di campioni, e che ci vorrà mai? Piuttosto lo hanno tradito il suo carattere troppo sanguigno e la lingua, a volte, troppo lunga. Riuscireste a immaginarlo, impettito, in giacca e cravatta, seduto sulla panchina dell’Inter, del Milan o della Juve? No, lui era da arene più popolari, da teatri di provincia dove si arriva con una compagnia scalcagnata e però si riesce a far divertire il pubblico e poi si finisce la serata in trattoria a dir battute. Ecco, probabilmente, a conti fatti, Sor Carletto è stato vittima del suo stesso personaggio.
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