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giovedì 12 gennaio 2023

X Congresso CGIL Pesaro e Urbino a Villa Cattani Stuart, il segretario generale Rossini: "Il lavoro crea il futuro"

X Congresso CGIL Pesaro e Urbino a Villa Cattani Stuart, il segretario generale Rossini: "Il lavoro crea il futuro"

di Ufficio Stampa Cgil Pesaro e Urbino

Si è aperto con un appello alla libertà del popolo iraniano il X congresso della CGIL Pesaro a Villa Cattani Stuart. Prima il coro del sindacato pensionati della Cgil e poi,  sul palco Behazad Bahrebar, presidente delle associazioni simpatizzanti della resistenza iraniana, ha parlato della drammatica situazione delle donne iraniane, delle torture e della feroce repressione del regime teocratico invitando istituzioni e associazioni a sostenere la lotta degli uomini e le donne che  stanno pagando un tributo altissimo alla loro legittima rivendicazione di libertà.

A seguire la relazione del segretario generale uscente Roberto Rossini per tracciare un bilancio dei 4 anni trascorsi alla guida della confederazione provinciale,  e rilanciare le sfide del prossimo futuro. Un bilancio inevitabilmente segnato da un prima e un dopo pandemia che Rossini ha definito “tragedia epocale”.

X congresso: il contesto e i numeri

Malgrado queste condizioni: ancora una volta la CGIL ha dimostrato di essere un luogo di rappresentanza, confronto e partecipazione, portando a termine un congresso che ha coinvolto 10.789 lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, disoccupate e disoccupati, in 606 assemblee di base nelle quali sono stati discussi e votati i due documenti congressuali da 6484 iscritti. Il documento “Il lavoro crea il futuro” è risultato largamente maggioritario con il 97,71% dei consensi”.

La prima fase della pandemia: il ruolo fondamentale dei sindacati

Tornando alla pandemia, Rossini ha ricordato come il ruolo delle organizzazioni sindacali confederali sia stato fondamentale per la tenuta sociale del Paese. “Mai avremmo pensato di essere costretti a proclamare scioperi – ha sottolineato - affinché le aziende interrompessero la produzione e prendessero coscienza dei rischi reali per la salute a cui potevano essere esposti i lavoratori, in assenza di modalità, procedure e presidi sanitari personali utili a evitare la diffusione del virus. In quelle prime fasi, sebbene il nostro territorio fosse uno di quelli più colpiti, non c’era ancora la lucida consapevolezza che la crisi pandemica si stava diffondendo nel mondo e che per la tutela della salute pubblica e della ‘pace sociale’, sarebbero stati messi in discussione i fondamenti dell’economia, pur temporaneamente. Dopo lo sbandamento iniziale che ha colpito tutti, a partire dalle stesse Istituzioni, siamo riusciti a recuperare quel senso di azione comune che sembrava essersi infranto di fronte al virus. Le istituzioni, i sindacati dei lavoratori e le associazioni delle imprese hanno dimostrato di potersi occupare insieme del ‘bene comune’ affrontando la crisi su più livelli, territoriali e di settori produttivi. Abbiamo così evitato che settori fondamentali per il sostentamento delle persone interrompessero la produzione, chiedendo un sacrificio importante a quei lavoratori per il bene della comunità. In quella fase abbiamo pensato trasversalmente alle persone più fragili, alle persone più anziane e sole, pur constatando le difficoltà e i problemi di tenuta dei sistemi di assistenza”.

Ha poi ricordato il protocollo provinciale, tra i primi in Italia, sottoscritto con Confindustria, su salute e sicurezza, finalizzato al contenimento e contrasto al virus nei luoghi di lavoro: “esso è il frutto di un lavoro collettivo che ha ci ha visto impegnati da protagonisti con Cisl e Uil nel confronto e nella costruzione dell’accordo”.

Unità sindacale: un valore da perseguire sempre a partire dal territorio

Il Covid ha fatto emergere ancora una volta l’importanza dell’unità sindacale che Rossini ha ribadito essere un valore imprescindibile.  

“Le differenze tra noi e le altre confederazioni rimangono, “in ragione di come percepiamo alcune dinamiche del mondo del lavoro, su temi che attengono ad esempio al ruolo delle rsu e al rapporto tra queste e le organizzazioni sindacali di categoria; a come decliniamo il rapporto tra confederazione e categorie, a come interpretiamo il ruolo del sindacato in tema di formazione e accesso al diritto alla formazione. All’approccio nelle vertenze rispetto all’utilizzo degli strumenti della mobilitazione e dello sciopero, agli stessi punti di vista rispetto alla lettura di processi politici, sociali ed economici. Questo mio rimarcare alcuni esempi di differenze non deve essere letto come un tentativo di evidenziare quello che ci divide, bensì come il nostro reciproco riconoscimento nelle nostre rispettive autonomie, senza il quale difficilmente potremmo insieme concentrare i nostri sforzi sul tanto che c’è e che ci accumuna”.

Il rapporto con la con politica: il ruolo del sindacato confederale.

Una parte della relazione è incentrata sul rapporto tra sindacato e forze politiche. Rossini rivendica l’autonomia dai partiti senza fare sconti ai governi che si sono succeduti negli ultimi 20 anni. Governi che hanno trascurato e messo in serie difficoltà il mondo del lavoro.  

“E’ evidente a tutti che la centralità del lavoro e dei lavoratori non è più il cuore pulsante della sinistra nel nostro Paese mentre l’abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e il Jobs Act hanno prodotto una fratture DIFFICILMENTE sanabile tra mondo del lavoro e la sinistra”.

Alla luce di queste considerazioni “come organizzazione sindacale che per storia e valori si riconosce nella sinistra ‘lato sensu intesa’ dovremmo tentare di svolgere un ruolo attivo affinché le forze democratiche e progressiste di questo paese ritornino a partire dai principi fondamentali ad occuparsi del lavoro, dei lavoratori e dei loro problemi, per sanare e poi costruire, con idee e azioni, una società più giusta, più inclusiva, meno diseguale, dove il tema della distribuzione della ricchezza ritorni ad essere centrale nell’azione politica. Agire in tal senso, non vuol dire sostituirsi a quanto devono fare i partiti. Siamo gelosi della nostra autonomia e del nostro programma – ha detto -  che come in questa tornata congressuale abbiamo ridefinito per i prossimi 4 anni. Ma allo stesso tempo credo che il sindacato confederale, debba rendersi promotore di occasioni di dialogo e confronto per la politica, affinché quei temi e quegli argomenti a noi cari tornino ad essere centrali nella vita dei partiti del fronte progressista. E’ lo spirito che ha mosso l’iniziativa unitaria che abbiamo organizzato il 5 dicembre nella sala del Consiglio provinciale, alla presenza dei sindaci dei  Comuni di Fano, Urbino e Pesaro. Un’occasione di confronto su temi di carattere sindacale per noi rilevanti”.

Nella relazione anche i temi della denatalità, il no all’autonomia differenziata, il diritto allo studio, la sostenibilità ambientale, la trasformazione tecnologica, il lavoro precario in particolare per i giovani e le donne, le inaccettabili disuguaglianze che subiscono le  lavoratrici e i lavoratori immigrati e i processi di trasformazione di fronte ai quali il sindacato deve fare la sua parte cercando sempre soluzioni concrete, non semplici e mai scontate. Un altro fenomeno allarmante è quello della povertà.

Per il segretario della Cgil: “anche nella nostra provincia e nell’intera regione è cresciuto e sta crescendo il numero delle persone in stato di povertà relativa ed assoluta. Le politiche sociali messe in atto dai Comuni e dagli Ambiti sociali, anche utilizzando fondi europei più o meno specifici, sono intervenuti nel corso di questi ultimi anni per cercare di limitare il fenomeno. Il reddito di cittadinanza pur con le criticità evidenziate anche dalle organizzazioni sindacali confederali in tempi non sospetti, si è dimostrato uno strumento efficace a sostenere migliaia di famiglie soprattutto nella fase dell’emergenza Covid ma non solo. Il fenomeno della povertà è però un fenomeno complesso che si compone di più fattori, di carattere economico, sociale, sanitario, personale e culturale. Non può essere affrontato né con un approccio unidimensionale né tantomeno con spirito ideologico.

La crisi di sistema della sanità: l’avanzata del ‘privato’

L’ultima parte della relazione è dedicata alla sanità pubblica. Per Roberto Rossini: “Il sistema sanitario pubblico, a seguito dell’emergenza pandemica ed in ragione di un costante definanziamento del Fondo sanitario nazionale, è in una fase di crisi di sistema importante. In un contesto nazionale già difficile la riforma sanitaria regionale, deliberata senza alcun confronto con le organizzazioni sindacali e che sulla nostra provincia avrà l’impatto più significativo, sta contribuendo a peggiorare una condizione già critica: manca personale, mancano servizi, manca una efficace organizzazione (basti pensare che i sistemi operativi dei vari presidi non dialogano tutti tra di loro). Una parte dei servizi ospedalieri e territoriali che fino a poco tempo fa erano garantiti dal sistema pubblico sono ora demandati o garantiti dal privato. Le liste di attesa sono lo specchio di una difficoltà crescente a garantire il rispetto del diritto alla cura; così chi se lo può permettere si cura privatamente ed altrove e chi non ha quella possibilità vede compresso un diritto fondamentale e costituzionalmente garantito come quello alla salute. La carenza di centri diurni per persone affette da demenza è ormai sotto gli occhi di tutti, ma nulla per il potenziamento di tali servizi è stato fatto da parte del servizio salute della Regione Marche. La crisi di sistema riguarda sia la sanità ospedaliera che quella territoriale, il privato dentro questo meccanismo non integra ma sostituisce il sistema pubblico, costa peraltro complessivamente di più e tutela di meno aumentando le disuguaglianze sociali ed acuendo le difficoltà della parte più fragile della popolazione.

Vorrei cogliere l’occasione per focalizzare la nostra attenzione  sulla situazione in cui versa il servizio di salute mentale: nella nostra provincia il numero di professionisti che hanno deciso di lasciare il sistema pubblico è impressionante, i reparti dedicati alla presa in carico ed alla cura sono stati costantemente rimodulati e la scelta di trasferirli tutti, in fase di realizzazione del nuovo ospedale di Pesaro, nella zona di Mombaroccio ci appare significativo di un modello che non ci convince ed a cui non dobbiamo abituarci: grandi strutture, lontane dai centri cittadini, in cui si mettono insieme diverse patologie e condizioni facendo venir meno il progetto di inclusione ed integrazione sociale a cui si dovrebbe puntare.

Il nostro impegno sarà quello di denunciare una deriva inaccettabile verso modelli sanitari che fanno perno sul privato (esempio tipico è quello lombardo), di  utilizzare il confronto sul piano socio sanitario per invertire questa tendenza, per pretendere il riequilibrio dei posti letto per abitante sia negli ospedali che nelle strutture residenziali, di verificare che la annunciata riforma dei distretti e degli ambiti sociali possa finalmente realizzare quella coincidenza e quella integrazione di cui i cittadini hanno bisogno”.

Dura condanna quindi verso la presenza sempre più massiccia del privato nella sanità.

Il diritto alla salute garantito dalla Costituzione si infrange in una crisi di sistema che riguarda sia la sanità ospedaliera sia territoriale.

“Il privato dentro questo meccanismo non integra ma sostituisce il sistema pubblico – ha specificato-, costa peraltro complessivamente di più e tutela di meno aumentando le disuguaglianze sociali ed acuendo le difficoltà della parte più fragile della popolazione. Vorrei cogliere l’occasione per focalizzare l’attenzione  sulla situazione in cui versa il servizio di salute mentale: nella nostra provincia il numero di professionisti che hanno deciso di lasciare il sistema pubblico è impressionante, i reparti dedicati alla presa in carico ed alla cura sono stati costantemente rimodulati e la scelta di trasferirli tutti, in fase di realizzazione del nuovo ospedale di Pesaro, nella zona di Mombaroccio ci appare significativo di un modello che non ci convince ed a cui non dobbiamo abituarci: grandi strutture, lontane dai centri cittadini, in cui si mettono insieme diverse patologie e condizioni facendo venir meno il progetto di inclusione ed integrazione sociale a cui si dovrebbe puntare.

Il nostro impegno sarà quello di denunciare una deriva inaccettabile verso modelli sanitari che fanno perno sul privato (esempio tipico è quello lombardo), di  utilizzare il confronto sul piano socio sanitario per invertire questa tendenza, per pretendere il riequilibrio dei posti letto per abitante sia negli ospedali che nelle strutture residenziali, di verificare che la annunciata riforma dei distretti e degli ambiti sociali possa finalmente realizzare quella coincidenza e quella integrazione di cui i cittadini hanno bisogno”.

Al termine della relazione il saluto degli ospiti (tra questi il presidente della Provincia Giuseppe Paolini e il vice sindaco del Comune di Pesaro Daniele Vimini) e l’apertura del dibattito. Tra il pubblico anche tre ex segretari generali della Cgil Pesaro e Urbino: Giuliano Giampaoli, Roberto Ghiselli e Simona Ricci. lavori del congresso riprendono venerdì alle 9.00.  

Nel pomeriggio, alle 16. 00, dopo l’intervento di Jorge Torre della CGIL nazionale, il congresso elegge gli organismi dirigenti. Al termine, l’assemblea generale è chiamata a eleggere il segretario generale della Camera del Lavoro di Pesaro Urbino. Il candidato è Roberto Rossini.

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