Attualità
lunedì 21 ottobre 2019
Perché i giornalisti non sempre scrivono i nomi nelle notizie di cronaca

di Luca Petinari
Capita sempre più spesso, nell'era dei social, di dove far fronte alle reazioni degli utenti alla pubblicazione di una notizia online. Si tratta di un processo necessario ed inevitabile, che spesso risulta essere costruttivo nel condurre quelle che possono essere pure indagini di mercato, al fine di garantire un'informazione migliore e a misura del proprio pubblico, con i propri interessi e le proprie peculiarità. Capita anche, però, spesso, di incappare in incomprensioni professionali. E ciò succede, sovente, nelle notizie di cronaca.
Infatti, soprattutto per la cronaca nera, delicatissima per definizione, capita puntualmente che la reazione social sia: quali sono i nomi delle persone coinvolte nella notizia? Un vezzo sempre più presente nel pubblico social, che spesso invoca a gran nome la trasparenza dell'informazione. Gli utenti vogliono saperne di più, insomma. Ma a volte vogliono saperne troppo. Perché sì, anche nell'informazione, pur nella sua completezza e dettagliata ricerca della Verità, ci sono dei limiti, che sono dettati dalla deontologia. Ovvero, da una serie di regole professionali che profilano la nostra etica in quanto giornalisti e divulgatori di informazioni.
Cerchiamo ora di capire, in maniera didattica, quali sono i doveri dei giornalisti di fronte al trattamento di una notizia di cronaca e perché, non sempre, possiamo scrivere i nomi delle persone coinvolte. Lo faremo consultando il Testo unico dei doveri del giornalista, un documento che ingloba e armonizza vari testi deontologici, approvato nel 2016 dal consiglio nazionale dell'Ordine dei Giornalisti. In questo caso, vediamo cosa dice il Titolo II: Doveri nei confronti delle persone.
Articolo 3 - Identità personale e diritto all'oblio
In questo articolo si considerano tutti i vari aspetti delle informazioni che possono essere in possesso del giornalista e come esso deve tutelarle nel rispetto delle persone coinvolte nella pubblicazione della notizia. Di tutte le persone coinvolte, che esse siano vittime o condannati. L'informazione deve essere imparziale e raccontare in maniera asettica i fatti, poiché esiste una sede apposita che giudichi la colpevolezza o l'innocenza delle persone (principio di non colpevolezza): il tribunale. Il giornalista non può sostituirsi a questo organo giuridico - con un suo Ordine e un suo albo - e deve tutelare le informazioni riguardanti condannati o persone in via di giudizio (titolo III, articolo 8, comma a): in primis, per non depistare eventuali indagini (eventuali autorità o collaboratori di giustizia che devono rimanere anonimi) o plasmare l'opinione pubblica. In secondo luogo, il giornalista deve tenere in considerazione che a una condanna segue una pena, la quale deve essere valutata come processo di reinserimento nella società. Quindi la diffusione di alcune informazioni nel tempo devono tenere conto dell'incidenza che hanno sul processo graduale di reinserimento della persona e sulla famiglia. Il che si traduce anche nell'utilizzo di termini appropriati e nel non identificare sempre il condannato con il reato commesso (questo nel caso in cui il condannato decida di esporsi ai media). Insomma, la tutela va considerata non solo nei confronti di persone direttamente coinvolte, ma anche a quelle a lui affiliate, che siano parenti o autorità giudiziaria e pubblica sicurezza, soprattutto se la loro incolumità può essere messa a rischio.
Per quanto riguarda le vittime, il giornalista non può pubblicare i nomi delle persone che hanno subito violenze sessuali, né informazioni che possano ricondurre a loro, a meno che queste non lo richiedano esplicitamente. Altri divieti riguardano gli atti giudiziari coperti da segreto istruttorio, i nomi di persone malate di HIV, i nomi delle donne che interrompono la gravidanza, le generalità di minori coinvolti in procedimenti giudiziari, il nome della donna che ha dato in adozione il proprio figlio dopo il parto chiedendo di non essere nominata.
Il giornalista deve anche tenere conto del'eventuale volontà della vittima del reato, in merito alla non pubblicazione dei propri dati, in considerazione del fatto che è ammissibile opporsi per motivi legittimi alla pubblicazione.
Privacy
Viste quelle che sono le tutele deontologiche da seguire da parte del giornalista, è necessario vedere un altro tipo di tutela con cui deve confrontarsi: la privacy. In questo caso consultiamo Il documento del Garante per la protezione dei dati personali dell'11 giugno 2004, un documento pubblicato in seguito ad alcuni quesiti posti dall'Ordine dei Giornalisti.
La regola base sulla quale si dirama la lettura del documento è questa: il giornalista deve sempre valutare se la notizia riveste effettivamente un rilevante interesse pubblico e, successivamente, quali particolari relativi a tale notizia sia essenziale diffondere al fine di svolgere la funzione informativa sua propria. Quindi: la diffusione di un determinato dato può essere ritenuta necessaria quando la sua conoscenza da parte del pubblico trova giustificazione nell'originalità dei fatti narrati, nel modo in cui gli stessi si sono svolti e nella particolarità dei soggetti che in essi sono coinvolti.
Quindi, ogniqualvolta si presenti la necessità di scrivere una notizia di cronaca, i dati da inserire dovranno essere valutati in base alla volontà delle persone che le riguardano, alla loro riservatezza, al tempo (giudiziario e non) in cui vengono trattati e a che impatto possono avere sulle persone e sull'opinione pubblica. Talvolta, si può ricorrere a diversi escamotage come l'abbreviazione dei nomi, l'omissione o l'invenzione di nomi di fantasia, purché ovviamente altri dati non forniscano riferimenti diretti alla persona (abitazione, caratteristiche fisiche ecc.).
Minori, soggetti deboli e stranieri
I giornalisti devono fare fronte anche a questi tre casi specifici. I minori, in particolare, sono tutelati da un testo chiamato Carta di Treviso: in sintesi, i minori vanno tenuti anonimi quando coinvolti in fatti di cronaca anche non a sfondo penale, se coinvolti in processi giudiziari, se protagonisti di atti autolesionisti o suicidio, se coinvolti in casi di adozione e affidamenti o con genitori separati e divorziati, e se possono essere soggetto di strumentalizzazione da parte degli adulti. Va esclusa quindi qualsiasi situazione che possa mettere a rischio la crescita psico-fisica del minore. Eccezioni vanno fatte se il minore è protagonista di fatti positivi (premiazioni e meriti) o se la pubblicazione dei dati possono essere d'aiuto (rapimenti e scomparse).
Per quanto riguarda i soggetti deboli, di cui i minori sono una sorta di spin-off, i giornalisti devono rispettare i diritti e la dignità delle persone malate o con disabilità siano esse portatrici di menomazioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali, in analogia con quanto già sancito per i minori dalla Carta di Treviso; evitare nella pubblicazione di notizie su argomenti scientifici un sensazionalismo che potrebbe far sorgere timori o speranze infondate, diffondere notizie sanitarie solo se verificate con autorevoli fonti scientifiche e non citare il nome commerciale di farmaci e di prodotti in un contesto che possa favorirne il consumo e fornisce tempestivamente notizie su quelli ritirati o sospesi perché nocivi alla salute..
Infine, per quanto riguarda gli stranieri, anche loro considerati soggetti deboli specifici, i giornalisti devono adottare termini giuridicamente appropriati evitando la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte riguardo a richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti e tutelare l’identità e l’immagine, non consentendo l’identificazione della persona, dei richiedenti asilo, dei rifugiati, delle vittime della tratta e dei migranti che accettano di esporsi ai media.