Attualità

martedì 27 agosto 2019

La pizza Rossini ha origini fanesi, lo conferma uno studio storico

La pizza Rossini ha origini fanesi, lo conferma uno studio storico

di Luca Petinari

Una notizia shockante e che rimette in discussione uno dei capisaldi della pesaresità. Ma che non è vera.

Se stai leggendo queste righe, ho due buone notizie per te: la prima, è che la pizza Rossini è pesarese DOC al 100%; la seconda, è che sei un buon utente social e che fai un buon uso dell'informazione online. Insomma, non ti sei fermato al titolo della news ma hai deciso di approfondire. Magari per te non è nulla di strano, ma questo fatto fa di te una persona FUORI dalla media. Infatti, l'obiettivo di questo articolo, è quello di sensibilizzare sulla problematica questione che sempre più, sui social, condividiamo articoli senza leggerli. Il che comporta a tutta una serie di aggravanti: non verifichiamo mai l'affidabilità della fonte, né controlliamo la data di pubblicazione. Un esempio: quante volte un personaggio famoso viene dato morto per finta nel sito di fake news su piattaforma Blogspot; e quante volte un personaggio famoso, già morto da qualche anno, "muore nuovamente" negli anni successivi tramite la diffusione della stessa news?

Pausa: ora provate a pensare a questo ultimo meccanismo e provate ad applicarlo a qualsiasi situazione politica che possa giocare a favore di chi la strumentalizza. Ecco a voi il populismo.

Fine pausa. Una precisazione: molto probabilmente avrete già letto questa tipologia di articolo. Infatti non ho inventato nulla di nuovo, già qualche anno fa il sito americano NPR, condivise online un articolo dal titolo "Perché gli americani non leggono più?". Sui social, la news diventò virale e provocò un'accesa discussione sul merito. Però l'articolo all'interno della news non conteneva alcun testo. Si trattava di un pesce d'aprile, ma che in realtà innescò una riflessione molto più ampia sul rapporto tra utenti e informazione online. Altre testate utilizzarono la stessa metodologia (alcune anche con toni più clamorosi ed apocalittici) ma consegnando ai più audaci lettori che hanno avuto la curiosità di aprire la news alcuni studi sul rapporto tra clic e condivisioni social.

Nemmeno a dirlo che il rapporto è impietoso. Secondo uno studio della Columbia University e del French National Institute riportato dal Washington Post nel 2016, ci dice che circa il 60% degli articoli condivisi via Twitter non sono MAI stati aperti da chi li ha postati. MAI APERTI. "Le persone sono molto più interessate nel condividere una notizia, piuttosto che leggerla", dicono gli autori dello studio. "Questa è la tipica forma di consumo della moderna informazione. L'opinione e il pensiero delle persone si modella sulla base del riassunto, o sulla sommarietà dei riassunti".

Da cosa deriva questo comportamento? Secondo quanto riportato Iflscience, che ha riportato quanto detto dai ricercatori del The New York Times Costumer Insight Group che si sono interessati ai motivi che spingono un utente a condividere informazioni: "Meno della metà delle persone condivide notizie per informare le persone e per "arricchirle". Al contrario, il 68% condivide solo per rinforzare e progettare un'immagine di se stessi: ovvero, per definire se stessi". Insomma: "Condivido le notizie solo per rinforzare l'immagine di me stesso che mi piace presentare: riflessivo, a modo, ragionevole, interessato e sensibile a qualcosa".

Ora pensate a quante notizie vengono diffuse sui temi più importanti e delicati di questo mondo. E pensate che in realtà alla maggior parte di chi contribuisce a diffondere tali informazioni non importa nulla di cosa dicano.

In questo vorticoso e grottesco meccanismo, in parte e con qualche colpa, si sono inseriti anche i media, sempre più interessati a "fare numeri" con titoli furbi che strizzano l'occhio all'utente per ottenere una condivisione: i cosiddetti titoli clickbait. Avrete dedotto che like, commenti e condivisioni di un post sono solo uno specchietto per allodole sul fattivo interesse di un articolo pubblicato online, se poi a tale viralità non corrisponde un ritorno in termini di letture.

Ovviamente anche questo articolo vuole essere un po' furbetto e un po' scherzoso. Ma se siete arrivati fino a qui avrete senz'altro imparato qualcosa in più e certificato di essere dei lettori "fuori dalla media", ma comunque dal lato giusto, purtroppo in minoranza.

Per sdrammatizzare: fatevi due risate vedendo chi condividerà questa news sgomentato dal fatto che la Rossini sia nata a Fano e non a Pesaro.

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