Cronaca
mercoledì 19 giugno 2024
Strage di Corinaldo, concluso il processo bis: tutti assolti gli accusati per omicidio e reati più gravi

di Rai News
Si è concluso con l'assoluzione per i reati più gravi il processo bis al tribunale di Ancona per la strage della discoteca Lanterna a Corinaldo (Ancona) in cui morirono nella notte tra il 7 e l'8 dicembre 2018 cinque minorenni e una mamma di 39 anni. Assolti perché il fatto non sussiste, con formula piena, da omicidio colposo plurimo, disastro colposo tutti gli imputati. Assolto perché il fatto non sussiste anche Quinto Cecchini, gestore della discoteca.
Sei i membri della commissione di pubblico spettacolo imputati nel processo bis. Queste le condanne: l'ex sindaco di Corinaldo Matteo Principi (presiedeva la commissione) 1 anno; Massimo Manna, di Corinaldo, responsabile del Suap 1 anno; il vigile del fuoco Rodolfo Milani, di Ancona 1 anno e 2 mesi; Francesco Gallo dell'Asur (ex area vasta 2 di Senigallia), di Falconara 1 anno; Massimiliano Bruni, il perito esperto di elettronica, di Senigallia 1 anno, e Stefano Martelli, della polizia locale, di Monsano 1 anno. Francesco Tarsi, ingegnere ingaggiato dalla Magic, 4 mesi. I permessi per la sala da ballo sono stati rilasciati dalla commissione ad ottobre del 2017. Per la pubblica accusa non c'erano le condizioni per far restare la Lanterna Azzurra aperta, adibita a poco più di magazzino agricolo.
Stamattina Francesco Vitali, fratello di Benedetta, una delle adolescenti che morì nella strage aveva dichiarato: "La speranza è che prendano la massima condanna richiesta dal pm e che vengano tutti condannati: questo è quello che ci serve per tirare un sospiro di sollievo e vedere la luce in fondo a un tunnel che va avanti da quasi sei anni''. Il fratello della ragazza spera che la vicenda della 'Lanterna Azzurra' possa essere di insegnamento affinché fatti simili non si accadano più.
Il papà di Emma, 14 anni: “Non riconosco questo Stato” e scrive a Mattarella
"Che siano stati ritenuti non colpevoli è una nefandezza". E' arrabbiato Fazio Fabini, padre di Emma dopo la sentenza del processo bis di Corigliano. Nella calca della discoteca l'uomo ha perso la figlia. "Tutto quello che è successo dunque è semplicemente per una piccola inesattezza, perché per il resto ognuno ha compiuto il proprio dovere?. E allora io vi dico che non riconosco questo Stato. Perché questa è una cosa vergognosa per i nostri figli", ha aggiunto.
Fabini ha deciso di scrivere una lettera al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
"Qualcuno dirà: giustizia è fatta. No, io la giustizia - è l'incipit della lettera- la intendo in modo diverso. Quasi sei anni per avere una risposta dallo Stato sono troppi. Al di là del giudizio sulla sentenza. È complicato condurre un processo come quello appena concluso, ma si dovrebbe sentire l'obbligo di fare meglio". Scrive più avanti Fabini: "Mia figlia Emma è morta. Aveva solo 14 anni. Oltre la vita le è stato tolto anche il diritto di replica. Se avesse potuto avere voce", in Tribunale avrebbe detto questo: "Sto ballando per la prima volta con le mie amiche. Urlo nelle loro orecchie, il volume della musica è altissimo, che questo è il momento più bello della mia vita. Poi questo odore urticante e aspro nell'aria che mi impedisce di respirare".
Prosegue Fabini, immaginando le parole della figlia: "Fuggo verso l'esterno, verso l'uscita di sicurezza. Ma qui, è tanto buio. La gente urla e tanti sono caduti su questi scalini irregolari. Mi appoggio alla ringhiera che, improvvisamente, cede alle mie spalle. E cado con tanti corpi sopra me. Ridatemi l'aria. Fatemi respirare".
Scrive quindi il padre di Emma: "Non riesco a pensare ai suoi ultimi cinque minuti di vita. Tanto occorre per morire soffocati. Quando ho questi pensieri, mi rimane difficile accettare le lungaggini processuali". Altrettanto difficile, prosegue la lettera, è "assistere ai voli pindarici di eccellenti professionisti che si sono attardati nella estenuate ricerca di cavilli, nell'interesse degli imputati. Siamo sicuri che nella 'giusta' ricerca dell'equilibrio processuale non ci siamo dimenticati delle vittime? Perché è questo quello che io ho percepito. I nostri figli sono morti e noi siamo stati condannati ad una vita di sofferenza. Meritiamo rispetto. Non esistono solo gli imputati".
Questo precisando che "non sono giustizialista e forcaiolo" e, sottolinea Fabini, "ritengo la difesa un diritto imprescindibile dell'imputato. Anzi, se gli imputati avessero dimostrato un minimo di pentimento avrei versato lacrime con loro per quello che è successo. Perché tutti possiamo compiere degli errori. Invece nessuno di loro ha pronunciato parole di cordoglio o partecipazione". Ma, scrive Fabini, “non odio queste persone. Non le odio perché farebbe più male ad Emma e a me che a loro. Il mio perdono però non lo avranno mai perché, anche se per lo Stato la loro colpa è lieve, sono i responsabili morali della tragedia”.
Il marito di Eleonora, mamma di 39 anni
"E' brutto dirlo, però certe persone rimangono scomode da condannare, forse ha inciso anche questo, perché condannare gestori che già erano stati condannati per altre cose, condannare i ragazzetti che comunque sono dei delinquenti, è molto più facile che condannare chi amministra. Sono un po' più scomode da condannare". Esprime così la sua amarezza alla lettura della sentenza della strage di Corinaldo, Paolo Curi marito di Eleonora che dice: "per questo risultato non servivano due anni. Io sono rimasto da solo con quattro figli, mi hanno cambiato la vita, loro se la cavano con una cavolata. I più deboli ci rimettono sempre".
Il legale dei feriti gravi
Questo è l'epilogo quasi annunciato di una vicenda in cui chi doveva fare i controlli non è entrato. E' inammissibile che una discoteca potesse permettere normalmente eventi con 2mila ragazzini in un posto in cui ne potevano andare 400". Così l'avvocato Corrado Canafoglia, legale di nove feriti più gravi coinvolti nella tragedia avvenuta nel 2018 nella discoteca di Corinaldo. "Purtroppo l'impressione è che non tutte le persone che avrebbero dovuto rispondere in questo processo sono stati imputati", prosegue l'avvocato annunciando comunque l'intenzione di "fare appello" dopo le motivazioni.
I fatti
La notte tra il 7 e l'8 dicembre 2018 morirono cinque minorenni e una mamma di 39 anni alla discoteca Lanterna Azzurra di Corinaldo, comune vicino a Senigallia (Ancona). All'interno del locale, doe era previsto un concerto di Sfera Ebbasta, poco prima dell'una, fu spruzzato del peperoncino per compiere furti di collanine da parte di una banda di ragazzi della Bassa Modenese (sei già condannati in via definita in Cassazione con pene tra i 10 e i 12 anni e il settimo ha una condanna di primo grado decisa lo scorso anno pari a 10 anni e 5 mesi).
Nella discoteca ci fu una fuga di massa verso l'unica porta di sicurezza trovata aperta, l'uscita numero 3. La calca fece cadere il pubblico in fuga, sulla rampa, formando un tappo e provocando il cedimento delle balaustre protettive. Morirono schiacciati e per asfissia Asia Nasoni, 14 anni, di Mondolfo, Daniele Pongetti, 16 anni, di Senigallia, Benedetta Vitali, 15 anni, di Fano, Mattia Orlandi, 15 anni, di Frontone, Emma Fabini, 14 anni, di Senigallia, ed Eleonora Girolimini, 39anni, mamma di 4 bambini, anche lei di Senigallia.
Dopo la condanna della banda, oggi si è concluso al tribunale di Ancona il processo bis di primo grado per nove imputati, tra cui l'ex sindaco di Corinaldo Matteo Principi, i membri della commissione che rilasciarono la licenza alla discoteca non a norma secondo la Procura. Tutti assolti dalle accuse più gravi. Pene di un anno sospese.
Il processo ha riguardato la parte amministrativa e le relative responsabilità perché secondo la pubblica accusa la Lanterna Azzurra aveva gravi carenze strutturali e non sarebbe dovuta stare aperta.
Facevano parte della banda dello spray Ugo Di Puorto, ritenuto il principale accusato perché per l'accusa fu lui a premere il pulsante della bomboletta dello spray al peperoncino (fu trovato sopra il suo dna), Raffaele Mormone, il suo fedele amico, Andrea Cavallari, Moez Akari, Haddada Souhaib, BadrAmouiyah e Riccardo Marchi.